L’entusiasmo e le iperboli prendono il posto del buonsenso. Discorsi da bar affollano le pagine delle testate giornalistiche che preferiscono il clickbaiting a temi inerenti a una riconversione più realistica.
Che cos’è la riconversione? E’ quando una pizzeria è obbligata a rimanere chiusa ma non può permettersi di smettere di lavorare, allora comincia a portare le sue pizza a case dei clienti, riconvertendo la sua attività di locale fisico in un servizio di consegna a domicilio. (Leggi qui un case history)
E’ possibile solo se affidata a veri professionisti, altrimenti si rischia di imbattersi in progettazioni vaghe, dozzinali e malriuscite. (vedi qui)
Elenchiamo qui di seguito le maragliate più in voga, quelle che pur di non parlare di cose reali si stanno impadronendo della scena.
Il Drive In

Abbiamo capito bene? Assessori, sindaci e studi di architettura che dopo essersi riempiti la bocca di “dignità dei professionisti dello spettacolo” mettono in atto un’opera di auto promozione mediatica saltando a piè pari da Greta Thunberg a una soluzione inapplicabile sotto il profilo ecologico, farraginosa e, per dirla proprio tutta, orrenda. Quale sarà, inoltre, l’esito commerciale di un’idea simile sul lungo periodo? La spesa varrà l’impresa?
I Concerti col pubblico in macchina

“Concerti che possano accogliere 2000, massimo 2500 persone. Sul palco possono esibirsi gli artisti, spazio alla musica classica, al balletto ma anche ai comici” “Il primo settore sottopalco è riservato a chi verrà in moto o in bici, ci saranno anche delle poltroncine dedicate. Il secondo settore sarà tradizionalmente dedicato alle auto. Infine il terzo settore è composto da box per il parcheggio con una scala che consente di arrivare in terrazza e godere dello spettacolo all’aperto, sempre rispettando le distanze di sicurezza.” (De Magistris, Sindaco di Napoli). Insomma dal secondo settore in poi devi vederti lo spettacolo dal maxischermo, perché sarai impossibilitato a capire cosa accade sul palco. Praticamente un Drive In, ma con costi esorbitanti.
I Box di Plexiglass nelle spiagge

Insostenibile, anti estetico, scomodo per i fruitori e – se siete stati al mare almeno una volta nella vita – insensato. Inoltre nessuno sembra far caso a un fatto: se uno stabilimento balneare vive grazie a ciò che incassa per 3/5 mesi l’anno, realizzando un utile basato in gran parte sul “fuxia”, di quanto dovranno alzare i prezzi dei biglietti di ingresso, dell’affitto di lettini e ombrelloni per permettervi di arrostire in un box di plexiglass pur di potervi permettere di dire “Sono stato al mare durante l’emergenza COVID”?
Il Separè di plexiglass nei ristoranti.

Secondo voi: due fidanzati spenderanno mai i soldi per trascorrere il tempo separati da un pannello che neanche dal tabacchino? o ordineranno/cucineranno in casa, per consumare sul divano, senza rischi, guardando Netflix, per poi fare l’amore senza “Plexiglass”?